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“Un insieme di emozioni e turbamenti che trasudano sofferenza emotiva ed estenuante ricerca di senso.  Sono frammenti da centellinare, come un sorso di brandy dopo cena, perché, se letti tutti d’un fiato, investono  come una potente raffica di lacerazioni e sbalordimenti che fanno sprofondare nello scompiglio esistenziale”.

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Al suo primo libro Debora Vernagallo alias Sophie Germano,
stupisce. Talentuosa e con un riscatto di cui ci rende partecipi!

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Quando si ha tra le mani l’opera di un esordiente si è sempre in bilico fra il timore di leggere un’innumerevole successione di errore dovuti all’inesperienza e la speranza di essere incappati in un genio. “Si vive solo due volte” mi ha spiazzato e conquistato fin dal principio, e non ho dubbi: Debora Vernagallo ha tutto il potenziale per essere considerata un vero talento.

    Se un libro è valido lo si comprende fin dalle prime righe, poiché da esse già si capiscono le capacità dello scrittore, il suo essere “dentro” la storia, la sua capacità di farla vivere al lettore, la sua sapienza o meno nella cura e nella scelta dei dettagli che possono rendere la medesima opera zeppa di noiose banalità oppure coinvolgente e indimenticabile dalla prima all’ultima parola e questo è il caso di “Si vive solo due volte”, un libro che vi sconsiglio di leggere se siete alla ricerca di un romanzetto insipido che vi faccia trascorrere qualche ora in leggerezza, ma che invece non potete perdervi se siete alla ricerca di qualcosa di forte, di unico e di sconvolgente. Si dice che le opere più toccanti e ben riuscite nascano proprio da un profondo dolore e ritengo che “Si vive solo due volte” rappresenti pienamente questo concetto: laceranti frammenti di vita vissuti dall’autrice evocati da parole e immagini brucianti, crude e violente come proiettili che trafiggono il cuore e l’anima del lettore, trasportandolo senza paracadute nella mente di Debora Vernagallo, nelle sue inquietudini, nel suo male di vivere che però non si arrende alla morte.

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Un libro che arriva diretto come un pugno nello stomaco già dalle prime righe.
Una storia di distruzione, di autodistruzione e follia. Ma come spesso accade, per poter risalire ed aggrapparsi alla speranza bisogna prima aver raggiunto il fondo e spesso questo non basta perché bisogna anche procurarsi una pala e scavare, scavare, scavare. Il talento dell’autrice lo capiamo subito. Il libro è scritto quasi come fosse un diario, pensieri e spezzoni di vita che si susseguono, a volte apparentemente slegati. Ma questo suo modus operandi ti spinge a continuare la lettura ininterrottamente. E anche tu, lettore, ti senti parte di questa follia. Un libro che vi consiglio perché sicuramente apprezzerete lo stile dell’autrice.
Buona lettura!!!

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“Le case sono così, non si chinano a raccoglierti.”
Un breve libro, una raccolta di pensieri accompagnati da fotografie scattate dall’autrice: è lei la scrittrice, lei la fotografa, lei la protagonista. Una storia raccontata non come la vorrebbero gli altri, una storia raccontata così com’è: cruda, violenta, senza censure. Alcune pagine sono strazianti, altre lo sono di più. Ma nella vita si può superare tutto: si vive due volte, ci insegna l’autrice.

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Una scrittura terapeutica per scoprire se stessa attraverso un viaggio. L’autrice scrive, dipinge e fotografa.  Questo è il primo libro scritto sotto pseudonimo e devo dire con tutta sincerità di averlo apprezzato molto. Io solitamente leggo tutto un altro genere ma mi sono trovata tra le mani un libro molto intenso e seppur pregno di dolore né ho visto il potenziale umano. Perché per liberarsi dai propri demoni si deve essere sinceri. Io ho vissuto in prima persona degli anni molto bui, ho provato sulla pelle questo sentirmi sbagliata e fuori posto, derisa e giudicata. Ci é voluto molto tempo per riuscire a guardarmi allo specchio e sorridere. Mi ha colpito molto la foto allo specchio che si trova all’interno. Forse anche per questo mi è piaciuto molto questo libro. Lo consiglio a chi preferisce la realtà nuda e cruda alla finzione.

Catia M.

 

Quando scrivesti “molte ragazze come ero io non ce l’hanno fatta”, capii che non era esattamente il tipo di libro che immaginavo di aver ordinato. Beninteso, ero consapevole che, dal titolo, non fosse proprio un libro fotografico, i titoli accattivanti spronano i lettori – si sa – ma da qui ad essere una dura testimonianza di vita (e di che tipo, di vita), ce n’era. Il frangente dal quale tu eri emersa, e dal quale avevi così sapientemente saputo coinvolgermi con le tue fotografie, mi aveva un pochino condizionata, lo ammetto. Quindi una sorpresa. O, come dici tu, un grido. Ieri sera l’ho letto tutto d’un fiato, e lo rileggerò altre volte, per cogliere quei particolari, quelle sfumature che la lettura compulsiva di norma non regala e alla fine, quando ho letto l’ultima frase, la cosa spontanea che avrei voluto fare, non era farti uno sterile complimento per il libro scritto, no, ma abbracciarti fortemente.